Brutte notizie: da oggi l’olio di CBD in Italia è considerato una sostanza stupefacente.
Il primo ottobre è stato reso pubblico un decreto del ministero della Salute nel quale viene specificato che:
“Nella tabella dei medicinali, sezione B, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, è inserita, secondo l’ordine alfabetico, la seguente categoria di sostanze: composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di Cannabis.“
Il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 15 ottobre, quindi entrerà in vigore il prossimo 30 ottobre 2020. Il decreto aggiorna le tabelle che contengono le indicazioni per le sostanze stupefacenti, come definito dalla legge 309 del 1990.
La motivazione di questa decisione è contenuta nelle premesse del Decreto: attualmente è in corso di valutazione preso l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) una richiesta di autorizzazione per la commercializzazione di un medicinale contenente cannabidiolo, che ha già ricevuto l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte dell’European Medicines Agency (EMA). Lo stesso medicinale ad oggi è concesso ai pazienti come parte di un programma di uso compassionevole, notificato all’AIFA, per i pazienti affetti da gravi crisi epilettiche.
Approfondendo il decreto, sembra però che il CBD sia stato inserito nella tabella degli stupefacenti come medicina, non come una sostanza in grado di alterare le condizioni psicofisiche di una persona. Quindi è come se il CBD fosse letteralmente diviso in due categorie: quello venduto come medicinale e quello venduto come “neutro”, quindi senza indicazioni curative o per uso umano.
Il decreto sembra pronunciarsi in opposizione alla recente decisione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di revisionare la cannabis nelle tabelle internazionali, riconoscendone le proprietà terapeutiche e mediche. Secondo l’OMS il CBD non sarebbe dovuto essere inserito in nessuna tabella, ma manca ancora lo “scheletro” legislativo per attuare questo cambiamento epocale, perché nei mesi scorsi la votazione è stata rimandata due volte a causa della pandemia di Coronavirus che ha costretto a divergere l’attenzione su altre questioni.
I problemi per le farmacie
Quanto deciso da questo decreto avrà ripercussioni anche sulle farmacie in Italia: finché saranno in possesso di cristalli di CBD non incorreranno in nessun reato, ma nel momento in cui trasformeranno l’ingrediente in olio o capsule per uso orale potrebbero aver fabbricato uno stupefacente.
I rischi per chi vende
Da una circolare pubblicata sul sito dell’agenzia delle Dogane e dei Monopoli, viene richiesto ai rivenditori di autocertificare l’impegno a non vendere o detenere foglie, infiorescenze, oli, resine, o altri prodotti contenenti sostanze derivate dalla canapa sativa. In mancanza di tale autocertificazione scatteranno le revoche delle autorizzazioni già rilasciate.