Sono state finalmente depositate le motivazioni della recente sentenza della Cassazione, che aveva stabilito il divieto di vendere prodotti a base di canapa, salvo che questi fossero privi di “efficacia drogante”. E proprio su quest’ultimo punto si era scatenato il dibattito: la cannabis light regolarmente venduta contiene già una percentuale di THC inferiore al limite di 0,5%, ed è quindi ampiamente all’interno del decreto emanato dal Ministero della Salute lo scorso Aprile 2016.
Questo scrivono i giudici nella sentenza deposita qualche giorno fa:
La commercializzazione al pubblico di cannabis sativa L. e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicabilità della legge n. 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà ammesse e iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002”.
Una brutta notizia per la cannabis light, quindi, che viene equiparata a sostanza drogante a prescindere dal quantitativo di THC: una decisione in netto contrasto con la maggioranza della legislazione europea e statunitense. Secondo i giudici, le uniche attività permesse con la canapa sono quindi
“alimenti e cosmetici, …semilavorati quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, …il materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati, le coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati o destinate al florovivaismo”
Le motivazioni della sentenza non sembrano comunque decretare, almeno per ora, la fine dei tanti negozi di cannabis light presenti in Italia. E’ opinione dei giudici infatti che sia necessario un ulteriore intervento legislativo per risolvere definitivamente la questione, avvertendo i magistrati che si troveranno ad affrontare casi sul tema
“si impone l’effettuazione della puntuale verifica della concreta offensività delle singole condotte, rispetto all’attitudine delle sostanze a produrre effetti psicotropi”
Il documento con le motivazioni della sentenza è scaricabile qui.