In data 31 gennaio 2019 la sesta sezione penale della Cassazione ha accolto il ricorso del titolare di un grow shop, difeso dall’avvocato Carlo Alberto Zaina, al quale erano state sequestrate delle infiorescenze di canapa.
Nella sentenza numero 4920/19 si legge infatti che non è reato vendere canapa light con un THC inferiore allo 0,6%, questo perché il limite indicato dalla legge 242/16 deve ritenersi valido sia per la coltivazione delle infiorescenze sia per il frutto della stessa che arriva senza modifiche alla commercializzazione.
Dunque anche il consumo risulta libero e non sanzionabile sul piano amministrativo (ex Art. 75 309/90), purché la cannabis provenga da coltivazioni lecite.
La sentenza 4920/19 va in senso contrario rispetto a quella pubblicata dalla quarta sezione penale della Cassazione il 20 luglio 2018, che permetteva il sequestro della marijuana light destinata ad essere venduta nei growshop. Questa nuova sentenza recepisce un orientamento proveniente dalle giurisdizioni pubblicate il 20 agosto ed il 14 settembre 2018, le quali sostenevano come non fosse reato coltivare e vendere cannabis light tra lo 0,2 e lo 0,6% di THC e che fosse impossibile sequestrate fiori di cannabis al tabaccaio.
Così la Suprema corte annulla il sequestro preventivo, disponendo la restituzione del materiale. Dall’interpretazione della norma emerge che il tetto dello 0,6% è quello sotto al quale secondo la legge non produce effetti stupefacenti rilevanti sul piano giuridico. La legge 242/16 mira a promuovere la filiera agroindustriale della canapa come è lecito coltivare sotto soglia implica che le infiorescenze possono essere venduto senza essere considerate sostanze soggette al testo unico degli stupefacenti.
La polizia ha comunque facoltà di prelevare campioni per fare verifiche sulla percentuale di THC. ma se il Growshop può documentare la provenienza lecita delle infiorescenze, il sequestro scatta solo se è ragionevole dubitare della veridicità dei dati.