Il 25 marzo 2021 la Procura della Repubblica di Cagliari ha emanato una direttiva per rispondere ai diversi dubbi interpretativi in merito all’attuale legislazione in tema di coltivazione di canapa.
All’interno del documento troviamo diversi riferimenti all’illegalità della coltivazione di canapa per fini diversi da quelli meramente industriali (ad esempio la produzione di fibra), spingendosi a precisare che la produzione di resina, olio e infiorescenze sono da considerarsi illegali. Il testo non sembra quindi prendere in considerazione la legge 242/2016, le successive indicazione delle Sezioni Unite della Cassazione e le recenti decisioni dell’Unione Europea in merito al CBD. Vengono anche così autorizzati sequestri preventivi anche con il solo sospetto di produzioni considerate illegale di questa direttiva.
Secondo Federcanapa ed altri esperti del settore, questa decisione va in contrasto con gli avanzamenti legislativi degli ultimi anni in Italia ed in Europa. La legge 242/2016 permette infatti la produzione di derivati dalla pianta di canapa, permettendone inoltre l’utilizzo per alimenti, cosmetici, semilavorati e coltivazioni per il florovivaismo.
Già nel 2018, Andrea Olivero viceministro del MIPAAF aveva chiarito che le infiorescenze di canapa, anche se non espressamente specificate nella legge 242/2016, rientrano nell’ambito delle coltivazioni destinate al florovivaismo, sempre che derivino da varietà iscritte nel catalogo europeo della varietà certificate per uso industriale e che non contengano sostanze dannose per la salute.
Oltre alla sfera nazionale, troviamo contrasti anche con la normativa comunitaria, come ad esempio la Convenzione Unica sugli Stupefacenti, che vieta l’assunzione da parte dell’uomo di sostanze dannose per lo stesso. E proprio la Corte di Giustizia Europea ha più volte ribadito che la canapa industriale, se proveniente dalle varietà di semi certificate, è un prodotto agricolo a tutti gli effetti e non può essere classificato non una droga. Sempre secondo la Corte di Giustizia Europea, in una sentenza di novembre 2020, è stato specificato che il CBD non può essere considerato stupefacente e non rientra nella Convenzione Unica delle Nazioni Unite del 1961 sui narcotici, permettendone quindi la commercializzazione in tutta Europa.
Questa presa di posizione della Procura della Repubblica di Cagliari arriva proprio nel momento in cui gli agricoltori si preparano per iniziare la stagione 2021, creando non poca preoccupazione per gli operatori del settore. Il principale timore del comparto è che i controlli assegnati alle Forze dell’Ordine della Sardegna non si limitino al livello di THC delle piante, ma diventino invece un vero e proprio processo alle intenzioni sugli usi che il coltivatore vorrà fare del suo prodotto.